Sunto Ragioneria

Inibito il soccorso finanziario agli enti in liquidazione per cessazione attività

  • Domenica 02 Agosto 2020
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  • Scritto da: Mira Redazione

Impossibile immettere risorse finanziare pubbliche in un ente in liquidazione destinato alla cessazione, al solo fine di pagare debiti pregressi. Un ipotetico sostegno finanziario nei confronti di un organismo partecipato, indipendentemente dalla natura giuridica dello stesso, deve essere preceduto da un puntuale e specifico piano di risanamento, che fornisca una analitica motivazione in ordine alle sottostanti ragioni oltre che di interesse sociale, di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. Questa è l’ennesima conferma dell’opinione della Corte dei Conti sul tema del “soccorso finanziario” agli enti partecipati. La Corte dei Conti sezione regionale di controllo per l’Abruzzo con la pronuncia 157/2020, in risposta a dei quesiti posti dalla Regione Abruzzo. il Presidente della Regione Abruzzo ha rivolto alla Sezione due quesiti in merito all’ammissibilità di interventi finanziari, da parte dell’ente regionale, per la copertura di passività generate prima e durante la gestione liquidatoria nei confronti di tre enti partecipati

In riferimento a società partecipate direttamente, dotate di autonomia patrimoniale perfetta, poste in liquidazione definitiva ed in perdita da tre esercizi consecutivi, si chiede se un eventuale intervento finanziario dell'ente pubblico socio, limitatamente alla propria quota di partecipazione ed in luogo di dette società, il pagamento di debiti sorti durante la gestione liquidatoria, ivi compresi quelli afferenti la regolarizzazione di posizioni contributive e previdenziali riferite al personale di dette società, possa ritenersi coerente con le disposizioni di cui all'art. 14, del d.lgs. n. 175 del 2016, e ciò anche al fine di superare ogni perplessità in merito alla presunta estensione, in capo ai soci, di responsabilità anche di natura penale per mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge dalle società”. Ulteriore quesito : In riferimento ad un Consorzio di cui all'art. 2602 del c.c. in attività e che abbia registrato per tre esercizi consecutivi perdite di esercizio, si chiede, ritenendo a giudizio di Codesta On. le Corte estensibile anche per tale Consorzio il generale principio del divieto di soccorso finanziario, previsto dall'art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016 per le società partecipate, nelle more della adozione di un apposito piano di risanamento, se un eventuale intervento finanziario sostitutivo da parte dell'ente pubblico consorziato volto alla regolarizzazione di posizioni contributive e previdenziali riferite ai dipendenti di tale Consorzio, possa ritenersi coerente con il suddetto principio, e ciò anche al fine di superare ogni perplessità in merito alla presunta estensione, in capo ai consorziati, di responsabilità  anche di natura penale per mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge dal Consorzio".

I magistrati contabili abruzzesi ricordano che l’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016 stabilisce che le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Il principio è stato confermato da  costante giurisprudenza contabile (tra le altre, con riguardo alla previgente disciplina, Sezioni regionali di controllo Piemonte, deliberazione n. 61/2010/PAR; Puglia, deliberazione n. 29/2012/PAR; Lombardia, deliberazione n. 98/2013/PAR; Abruzzo, deliberazione n. 279/2015/PAR; nonché, con riferimento alla normativa vigente, Sezione regionale di controllo Toscana, deliberazione n. 84/2018, Lazio, deliberazione n. 1/2019/PAR; Puglia, deliberazione n. 47/2019/PAR; Lombardia, deliberazione n. 296/2019, Marche, deliberazione n. 123/2019).

“La norma in esame sancisce il “divieto del soccorso finanziario” da parte di un ente pubblico rispetto ai suoi organismi partecipati e impone l’abbandono della logica del “salvataggio a tutti i costi” di strutture e organismi partecipati che versano in situazione di dissesto. Come già affermato da questa Sezione (deliberazione n. 279/2015/PAR)”.

 Con riferimento al perimetro di applicazione soggettiva dell’art. 14, comma 5, Tusp, è da ultimo intervenuta la Sezione di controllo per le Marche (deliberazione n. 123/2019 già richiamata in precedenza), che nel confermare l’applicabilità della norma ai consorzi ribadisce che “sebbene il perimetro di diretta applicazione della norma non contempli direttamente i consorzi, ma si riferisca esclusivamente agli organismi partecipati aventi struttura societaria, dal suo tenore emerge un principio generale di “divieto di soccorso finanziario”, fondato su esigenze di tutela dell’economicità gestionale e della concorrenza, estensibile anche ai consorzi, quali realtà operative inserite a tutti gli effetti nel contesto della finanza territoriale.

Il principio, ora ribadito, vale a maggior ragione, relativamente all’ammissibilità di interventi di soccorso finanziario nei confronti di società  o consorzi, posti in stato di liquidazione, che restano in vita senza la possibilità di intraprendere nuove operazioni rientranti nell’oggetto sociale ma al sol fine di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali ed alla distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i soci .

Tenuto conto della particolare fase della vita sociale che la liquidazione rappresenta, infatti, l’apporto finanziario richiesto al socio, comunque articolato formalmente, è in re ipsa destituito delle finalità proprie di duraturo riequilibrio strutturale, venendo piuttosto a tradursi sul piano sostanziale in un accollo delle passività societarie, con rinuncia implicita al beneficio della ordinaria limitazione di responsabilità connessa alla separazione patrimoniale, al solo e circoscritto fine di consentire il fisiologico espletamento della fase di chiusura . In riferimento alle società, ove si decidesse di effettuare dei trasferimenti diretti a colmare l’incapienza del patrimonio societario rispetto al complesso delle pretese creditorie, in sostanza si porrebbe in essere un’operazione economica equivalente ad un accollo dei debiti della società.

Eccezioni al divieto di soccorso finanziario sono previste soltanto a seguito di uno specifico iter procedurale, previa valutazione circa la concreta possibilità di recupero dell’economicità e dell’efficienza dell’organismo partecipato. In particolare, lo stesso art. 14, comma 5, T.U.S.P., consente i trasferimenti straordinari alle società in parola “a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti”, purché “le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all'articolo 5, che contempli il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni”. Inoltre, gli interventi di sostegno finanziario in questione possono essere autorizzati “al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti”.

 Si tratta a ben vedere di una ipotesi derogatoria e residuale “percorribile con finalità di risanamento aziendale e per il solo perseguimento di esigenze pubblicistiche di conclamato rilievo.

 Sullo stesso tema si era già espressa la  Sezione abruzzese (n. 144/2018) ritenendo essenziale un’ampia e puntuale motivazione a dimostrazione dell’esistenza o di una esigenza di carattere pubblico e superiore da soddisfare in termini indifferibili o quale espressione di una rinnovata capacità programmatoria e gestoria  dell’attività in sofferenza finanziaria che si rifletta in termini di economicità ed efficienza per risultati, comunque, sempre legati a necessità diffuse e mai per gestione di attività di rischio.


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