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Spese di rappresentanza, i controlli della corte dei conti

  • Lunedì 22 Giugno 2020
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  • Scritto da: Mira Redazione

La Sezione, ai sensi dell'art. 16, comma 26, del D.L. 31 agosto 2011, n.138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n.148, per quanto sopra esposto, accerta che le spese concernenti: Acquisto coppe per manifestazioni     sportive per euro 570,96, non rientrano ex se nella tipologia di spese di rappresentanza normativamente consentite.

Sulla base di una notoria qualificazione, consolidatasi anche in relazione ad una risalente giurisprudenza di questa Corte, per potersi giustificare una spesa a titolo di rappresentanza deve sussistere, infatti, lo stretto legame con i fini istituzionali dell'ente e con la necessità del medesimo di accrescerne il prestigio verso l’esterno o ad intrattenere necessarie pubbliche relazioni con soggetti rappresentativi di altre istituzioni o formazioni.

Ma posto che la spesa debba essere finalizzata direttamente al pubblico interesse, è escluso che l'attività di rappresentanza possa configurarsi nell'ambito dei normali rapporti istituzionali e di servizio: “una spesa di rappresentanza … nozione a cui potrebbero in via astratta e nei limiti infra precisati essere ricondotte le spese per manifestazioni sportive è da ritenere legittima ove sussista uno stretto legame con fini istituzionali dell’ente, e sia necessaria a promuovere l’immagine esterna dell’ente o ad intrattenere doverose relazioni istituzionali con soggetti esterni e non deve rispondere ad esigenze personali dell’amministratore o del dipendente (ex pluribus

C. conti, sez. giur. Toscana, 10.7.2013 n. 6; id., sez. giur. Campania, 11.7.2013 n. 36; id., sez. giur. Friuli V.G., 11.2.2011 n. 12; id., sez. giur. Friuli, 31.10.2010 n. 16; id., sez. II app., 29.3.2002 n. 106)”.

Si tratta, come detto, di nozioni consolidate che, pur in assenza di specifiche disposizioni legislative, la giurisprudenza contabile ha scolpito in modo netto da tempo, andando a formare un orientamento ormai pacifico.

Nel contempo, la Sezione invita l’Amministrazione comunale ad una attenta verifica dei presupposti cui è subordinata l’assunzione delle spese di rappresentanza, secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza contabile, sotto riportati.

Già la definizione delle spese di rappresentanza, quali spese effettuate allo scopo di promuovere l’immagine o l’azione dell’ente pubblico, consente di ricavare il loro principale requisito: lo scopo, appunto, di promozione dell’immagine o dell’attività dell’ente.

Ma occorre chiarire che le spese di rappresentanza devono possedere il crisma dell’ufficialità, nel senso che devono finanziare manifestazioni della pubblica amministrazione idonee ad attrarre l’attenzione di ambienti qualificati o dei cittadini amministrati, al fine di ricavare i vantaggi correlati alla conoscenza dell’attività amministrativa (ex multis, Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione 5 novembre 2012, n. 466).

Ne consegue che tutte le spese effettuate non a fini promozionali (es. spese di ristoro a beneficio degli organi collegiali dell’ente, in occasione delle riunioni istituzionali dello stesso), oppure aventi lo scopo di promuovere non tanto l’ente, quanto i singoli amministratori, non rientrano in tale categoria (è il caso degli opuscoli informativi finalizzati più a fornire un’immagine positiva del Sindaco, che a pubblicizzare l’attività dell’ente o i servizi offerti alla cittadinanza, in quanto piuttosto connessi con l’attività politica).

Le spese di rappresentanza devono necessariamente inerire ai fini istituzionali dell’ente pubblico, in quanto, in caso contrario, non sarebbero in ogni caso giustificate e, se sostenute, integrerebbero un danno all’erario: quindi, necessità dell’esposizione, caso per caso, dell’interesse istituzionale perseguito, della dimostrazione del rapporto tra l’attività dell’ente e la spesa, della necessaria rigorosa giustificazione e documentazione nonché della rendicontazione in modo analitico con dimostrazione documentale del rapporto tra natura delle erogazioni e le circostanze che le hanno originate, non essendo sufficiente una mera esposizione delle stesse, senza alcun riferimento temporale o modale.

Ad ogni buon conto, la spesa di rappresentanza deve essere inserita nell’ambito della programmazione di bilancio in un apposito capitolo con individuazione delle risorse da destinare a tale attività, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica fissati dal legislatore.

Al riguardo, la Sezione, nel ribadire la necessità che l’Ente inserisca le spese di rappresentanza in un apposito capitolo, intende precisare che quest’ultimo debba “…..essere reso autonomo rispetto ad altri al fine di evitare commistioni contabili” (in tal senso, Corte dei conti, Sezione reginale di controllo per la Lombardia, n. 178/2017).

I principi contabili (allegato n. 1 d. lgs n. 118/2011) prevedono, infatti, che il sistema di bilancio sia comprensibile (principio n. 5, veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità), presentando una chiara classificazione delle voci a rafforzamento e presidio del principio di veridicità delle scritture contabili. Inoltre, una classificazione veritiera consente la comparabilità e verificabilità nel tempo delle poste contabili (principio n. 12 comparabilità e verificabilità) ed assolve compiutamente alla funzione informativa nei confronti degli utilizzatori interni ed esterni dei documenti contabili (principio n. 15 pubblicità).

Le spese di rappresentanza, peraltro, ove destinate ad autorità, devono essere eseguite in favore di soggetti esterni particolarmente qualificati, poiché istituzionalmente rappresentativi dell’ente al quale appartengono. In mancanza di detto presupposto, la spesa deve essere valutata come rispondente non a un interesse pubblico, bensì all’interesse privato dei destinatari.

Di tal che non può non rilevarsi come, all’esito dei chiarimenti resi, le spese sostenute non appaiano tutte adeguate, non risultando sempre comprovato il rapporto di pertinenza tra attività dell’ente e spesa, la qualificazione del soggetto destinatario rispetto alla spesa, la legittima misura e la necessaria rispondenza a rigorosi criteri di ragionevolezza esplicati attraverso una puntuale verificabilità delle circostanze e dei motivi che le occasionarono

Ciò risulta ancor più significativo atteso che le spese di rappresentanza devono essere congrue rispetto alle finalità per le quali sono sostenute, all’evento eventualmente organizzato ed ai valori di mercato. La sobrietà deve poter essere valutata, inoltre, in riferimento alle dimensioni territoriali ed alle caratteristiche del singolo ente locale che le sostiene nonché ai vincoli di bilancio gravanti sullo stesso.

Detto presupposto deriva dai principi di economicità, efficienza e razionalità che devono necessariamente caratterizzare l’attività amministrativa.

Ciò si traduce, nella materia in esame, nella necessità di un richiamo ad evitare gli sprechi e, comunque, nel dover tenere sempre conto del fondamentale principio di sobrietà della spesa concretamente sostenuta, esigenza insita nel doveroso rispetto del limite della ragionevolezza, implicito nell’esercizio di qualsiasi attività discrezionale della Pubblica Amministrazione.

Conclusivamente, la Sezione, sulla base degli orientamenti consolidati nella giurisprudenza contabile, ritiene di dover richiamare l’Ente ad un maggior contenimento delle spese in argomento, posto che le medesime, stante l’ampia discrezionalità che ha l’amministrazione pubblica nel prevederle, hanno carattere eccezionale rispetto all’ordinaria attività amministrativa di spesa.


Cfr. Sezione controllo Corte dei conti per Piemonte, deliberazione 63/2020



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