Sunto Ragioneria

Compensi amministratori società partecipate, secondo la Corte dei Conti devono prevalere criteri di ragionevolezza

  • Domenica 14 Giugno 2020
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  • Scritto da: Mira Redazione

 

La Corte dei Conti Friuli si è espressa con delibera 15/2020 in merito ai limiti dei compensi degli amministratori delle società partecipate, ancora fermo all’80% del compenso storico 2013.

La Corte premette che in relazione alla non agevole ricostruzione del succedersi delle predette disposizioni l’orientamento delle Sezioni regionali di controllo è stato prevalentemente restrittivo in un’ottica volta ad avvalorare l’opera di contenimento dei costi funzionale alle logiche del coordinamento della finanza pubblica derivanti da norme in larga misura emanate in periodi “emergenziali” per le sorti della situazione economica nazionale. Peraltro, le criticità, derivanti dall’ultrattività di una norma che doveva essere limitata ad un periodo transitorio, sono state evidenziate anche nell’ambito dell’orientamento più restrittivo laddove, si è, infatti, affermato che lo specifico parametro di riferimento individuato dal comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012 ai fini della riduzione della spesa, ossia il «costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013», sotto il profilo ermeneutico, non consente di attribuire rilevanza alla circostanza che, nel 2013, vi sia stato un minor (o anche nessun) esborso da parte della società a titolo di compenso per gli amministratori.  Sempre secondo il predetto orientamento non potrebbe negarsi, tuttavia, che, nonostante l’inequivoca formulazione della norma escluda l’attribuzione all'inciso appena esaminato di altro e diverso significato, si ponga un problema di coordinamento della norma medesima con la disciplina civilistica, soprattutto nel caso in cui, nel 2013, la società non abbia erogato alcunché ai propri amministratori. L’aspetto rilevante del quesito proposto deriva dal fatto che nell’ipotesi prospettata il valore del costo sostenuto nel 2013 è talmente esiguo da poter essere considerato sostanzialmente inesistente, soprattutto se si abbia in considerazione la necessità di garantire un proficuo e professionalmente adeguato funzionamento degli organi societari. A ben vedere, quindi, l’ipotesi interpretativa da esplorare finisce per partire dai medesimi presupposti, sia nel caso di una società dall’oggetto sociale e dalla governance talmente modificati da farla considerare come un soggetto nuovo, sia nel caso della continuazione dell’attività da parte del soggetto societario precedente, perché in questo ultimo caso mancherebbe il parametro di riferimento 2013. Nondimeno, l’impossibilità concreta di applicare la disposizione dell’art. 4 comma 4 del DL 95/2012 non assolve l’Amministrazione dall’onere di dimensionare e contenere i compensi entro limiti riconducibili ai parametri di sana gestione. Risulta, quindi, necessario che l’amministrazione si autolimiti, determinando, in base a canoni di ragionevolezza che coniughino gli obiettivi di efficacia, legati al reperimento delle migliori professionalità, con gli obiettivi di economicità e contenimento della spesa, dei valori di compenso che, anche considerando altre realtà societarie proficue di dimensioni analoghe, possano considerarsi adeguati alla luce di un’ottica di contenimento.

Appare evidente che la soluzione appena prospettata sarà a sua volta necessariamente transitoria e dovrà recedere non appena sarà emanato l’auspicabilmente prossimo decreto previsto dall’art. 11 sesto comma TUEL, nell’ipotesi in cui i presupposti riferibili alla sana gestione considerati per dimensionare transitoriamente il limite dei compensi avessero determinato livelli di costo superiori e incompatibili con la disciplina attuativa del TUSP contenuta nel decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.


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